martedì 11 settembre 2007

Eduardo De Filippo oggi

Il grande commediografo del Novecento italiano ancora protagonista della nostra cultura

di Giuseppe Giorgio

NAPOLI - A ventitre anni dalla scomparsa, Eduardo De Filippo, per la città di Napoli, rappresenta ancora un punto di riferimento fondamentale ed un motivo di rilancio culturale. E’ stato un autore universale che ha saputo cogliere senza enfasi i drammi quotidiani di una società legata alla realtà napoletana ed ha avuto la capacità di guardare lontano nel tempo avvertendo con largo anticipo la crisi della famiglia come istituzione. Ed è appunto a ventitre anni dalla morte che Eduardo si conferma un protagonista della cultura italiana. Testi come “Napoli milionaria”, “Filumena Marturano”, “Sabato domenica e Lunedì”, “Natale in casa Cupiello” hanno ancora oggi la forza di parlare alle generazioni future mostrando come, durante il percorso artistico ed umano, Eduardo più ha affondato la sua attenzione nel mondo napoletano più la sua lingua è diventata universale. Oggi che Napoli vive (nonostante si voglia fare credere il contrario) un momento teatrale di straordinaria ricchezza, Eduardo rimane il migliore esempio per il rilancio culturale della città in Italia ed in Europa.

Grandioso nell’affrontare i temi sociali, il drammaturgo, regista ed attore, figlio naturale di quel grande capostipite del teatro comico napoletano Eduardo Scarpetta, con le sue opere, oggi più che mai rappresentate nel mondo intero, ha lasciato un’eredità diventata motivo di interrogazioni, dibattiti, studi e pubblicazioni davvero senza precedenti.

Eduardo ha lasciato un segno indelebile non solo nella sua città ma nell’intera nazione riuscendo ad attraversare le generazioni con un intuito unico ed eccezionale. I video delle sue commedie ricevuti in eredità sono un documento straordinario fermo nel tempo e rappresentano in pieno l’essenza di un autore ed attore che con le sue opere ha miracolosamente riprodotto, rendendola poi immortale, l’immagine di un’epoca. “Chi non vuole bene ad Eduardo non vuole bene a Napoli” ha affermato più d’una volta il figlio Luca De Filippo ed il suo sfogo è sembrato subito il polemico monito per una città spesso irriconoscente verso i suoi figli più illustri. Più d’una volta si è parlato di crisi e buio post- Eduardo e più d’una volta, le velleità degli autori rimasti dopo la morte del grande drammaturgo, nato a Napoli nel 1900 dalla nubile Luisa De Filippo, in una casa all’ombra del Palazzo che Scarpetta fece costruire con i proventi delle sue commedie, si sono infrante contro la noncuranza generale senza riuscire ad imporsi anche quando lo meritavano.

Il teatro di Eduardo, infatti, scomparso l’autore, può provocare un effetto paralizzante per l’aspetto monumentale dei testi e per la grandiosità delle interpretazioni che lui stesso, insieme con Titina, Peppino, ed altri grandi attori che vi si sono cimentati, hanno offerto nel tempo. Tuttavia, pur manifestandosi indispensabile il bisogno di ribellarsi al timore reverenziale che possono incutere le opere di Eduardo, occorrerebbe trovare un erede in grado di ricostruire un congegno così straordinariamente perfetto nella struttura drammaturgia ed ancora nell’ umorismo e ritmo narrativo.

Eduardo, ha sempre affrontato con impegno civile e morale, i grandi temi della nostra storia e nelle sue opere sono stati sempre esaltati quei valori quali la famiglia, l’onestà e la solidarietà umana che oggi come ieri è sempre necessario recuperare. Racchiuse in quella celebre raccolta che lo stesso autore volle suddividere in “Cantata dei giorni dispari” comprendente i lavori della maturità e “Cantata dei giorni pari” dedicata agli scritti della sua giovinezza, le opere del grande italiano del Novecento restano, ancora oggi, nelle mani dei napoletani che hanno il dovere morale di scrutarne i contenuti e far rivivere, anche al di là dei confini regionali, la mentalità di un popolo che sopravvive per risorgere nel nome della civiltà.

Partendo da questa idea, spetta ai nuovi poeti napoletani, appartenenti a quella autorevole corrente detta Nuova Drammaturgia Napoletana cominciata con il prematuramente scomparso Annibale Ruccello e di cui fanno viva parte autori come Enzo Moscato, Manlio Santanelli, Fortunato Calvino, Mario Gelardi e Roberto Russo, continuare il viaggio del maestro raccogliendo e divulgando al tempo stesso le sue lezioni con un linguaggio moderno ricco di stimoli, contenuti e suggestioni.

Non a caso nella speranza che il suo discorso potesse continuare anche dopo la morte, Eduardo, primo professore a contratto di drammaturgia in una Università italiana, presso la cattedra di Storia del Teatro e Spettacolo, dedicò gli ultimi anni della sua vita alla realizzazione di una bottega teatrale per trasmettere la sua esperienza di attore ed autore ai giovani.

Oggi, l’autore che partendo dalla farsa scarpettiana, seppe attraversare i territori pirandelliani, superare i confini vivianei ed avvicinarsi a Shakespeare con un linguaggio comprensibile nel mondo intero, lascia le tracce di un fermento contestatario capace di anticipare prodigiosamente gli eventi.

“L’unica cosa che conta veramente nella vita di un artista - scrisse Eduardo - è il futuro, e il passato, a insistervi a lungo, limita la creatività e la voglia di essere creativi.” Ed è proprio a quel futuro tirato in ballo da un Eduardo spinto dalla triste evidenza dei fatti a pronunciare, a proposito della sua città, la fatidica parola “Fujtevenne”, che bisogna saldamente aggrapparsi per continuare a lavorare su di un passato teatrale in grado di dare ancora vita a nuove tendenze e fenomeni.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Peppe,
sono felice di porre la mia firma su questo bellissimo blog e, a proposito dell'articolo su Eduardo, voglio sottolineare la scabra, violenta ed impietosa conclusione del Sindaco del Rione Sanità, nelle parole del Dott. Della Ragione, che esprime una critica tanto letale ed attualissima al nostro tanto vantato "colore napoletano" che si tinge di omertà, di comparaggi vari, bassi ed alti, di connivenza e di auto indulgenza che sconfina troppo spesso nell'aggiramento della legalità, da sembrare scritta oggi.
Roberto Russo