Miseria e Nobiltà torna in teatro…Un bene, oppure un male? Parlano Massarese, Gregoretti, Moscato, Garofalo, Mascia e Cannavale.
di Giuseppe Giorgio
L’eterno dilemma scarpettiano che divide critici, pubblico e studiosi circa la validità dell’opera teatrale del caro Don Eduardo nei nostri giorni, sembra riproporsi. Osservati alcuni cartelloni della prossima stagione teatrale napoletana, che presentano nuovamente in scena l’eterna “Miseria e Nobiltà”, non si può fare a meno di porsi immediatamente un interrogativo imperioso: Potrà la dispettosa Luisella ed il gruppo dei poveri composto da Felice, Pasquale, Concetta e Pupella, tramutati buffonescamente in nobili, divertire ancora una volta il pubblico? Riusciranno Don Gaetano Semmolone, ex cuoco trasformato in ricco, la ballerina Gemma ed i nobili veri Ottavio e suo figlio Eugenio Favetti a produrre risate nell’era di Internet? A Francesco Paolantoni, Nando Paone e Carlo Croccolo, interpreti di turno diretti da Armando Pugliese, spetterà il compito di dimostrarlo. Scritta da Eduardo Scarpetta con il preciso scopo di farvi partecipare il figlio di otto anni Vincenzo, “Miseria e Nobiltà” andò in scena per la prima volta l’otto gennaio del 1888 al teatro Il Fondo (poi Mercadante). La commedia - come scrive Vittorio Viviani nella sua Storia del Teatro Napoletano- “ebbe il crisma del capolavoro”. Ferdinando Martini, giudicò il primo atto degno della firma di Moliére e Giovanni Bovio, in una lettera indirizzata all’autore, scrisse :” L’arte Vostra aggiunge un filo alla trama della vita”. Benedetto Croce, al lavoro dedicò addirittura un saggio pubblicato nella “Critica” del giugno 1937. Un progetto arduo, dunque, aspetta Paolantoni e compagni che impegnati con la tanto discussa commedia non potranno fare a meno di suscitare, al di dà dei meriti artistici e degli incassi, nuove critiche e polemiche. Parlare dell’attualità di Scarpetta, naturalmente, diventa un fatto spontaneo ma prima di farlo con alcuni autorevoli esponenti del mondo della cultura e del teatro, andiamo a vedere come la critica si espresse su di un’altra ripresa di “Miseria e Nobiltà”, quella storica di Eduardo, avvenuta nel 1953. “La tragica situazione-scrisse Giulio Trevisani de ‘L’Unità’ - il pericoloso modo di vivere e la fame dei più infiniti strati del ceto medio, sono ancora oggi quelli di 65 anni oro sono. Eduardo De Filippo ha presentato quindi Miseria e Nobiltà come l’avrebbe scritta oggi Eduardo Scarpetta. Proprio qui è l’intelligenza artistica di Eduardo”. D’altro avviso fu Achille Fiocco de “La Fiera Letteraria”. 65 anni scrisse ( e siamo al 12 ottobre del 1953) sono molti, troppi per una commedia…”. Salvatore Quasimodo, invece, dal canto suo, sul “Tempo” definì la commedia “Una farsa del minore teatro napoletano”. Dal 1953, ad oggi, sono trascorsi altri 54 anni circa. Siamo nel 2007 ed è doveroso quindi chiedersi, e girare la domanda al professore Ettore Massarese, Docente di Storia del Teatro alla Federico II, dell’effettiva attualità del teatro di Scarpetta. “Se il teatro comico - ha dichiarato Massarese- in particolare il teatro comico di tradizione napoletano, è in grado di conservare la natura eversiva del riso popolare da cui proviene, è non solo attuale ma necessario. Scarpetta è stato un mediatore. Porta la natura eversiva nella società borghese e Miseria e Nobiltà è uno dei testi che conserva dentro di se questa natura. Sta al regista riuscire a restituirgli tutta la forza rivoluzionaria in senso antropologico e non politico”. Ugo Gregoretti, invece, definisce il capolavoro di Scarpetta uno di quei testi capaci, ancora oggi, di godere di un’accoglienza favorevole. “Il fatto che appartenga ad una tradizione arcaica- ha detto lo studioso e regista- non danneggia certo il teatro dei vari Ruccello e Moscato. Scarpetta ed i nuovi esponenti della drammaturgia napoletana possono convivere benissimo. Non credo che rinnovare la memoria storica possa togliere qualcosa ad altri e non condivido la polemica circa un teatro superato. Come regista, naturalmente, preferisco Ruccello, ma come amatore non mi dispiacerebbe rivedere la commedia della quale ricordo con piacere l’edizione di Eduardo al teatro Mediterraneo in cui ‘Peppeniello’ era interpretato dal piccolo Luca”. Per Enzo Moscato, Scarpetta è un grande autore, ma come Viviani ed Eduardo De Filippo, va storicizzato. “Spesso- ha ribadito il commediografo, attore e regista- Scarpetta non viene riproposto con lo spirito adeguato e non si rende giustizia ai tempi. Per Scarpetta come per Petito, è tutto un problema di lettura e di messinscena dove, da un discorso dissacrante e trasgressivo e dalle grandi abbuffate di risate, si può facilmente cadere nel pianto più nascosto.” Più pessimista circa la validità di commedie come “Miseria e Nobiltà” è Bruno Garofalo che scarica tutta la colpa su di un “andazzo” generale che coinvolge tutti i teatri napoletani. “Non c’è più sforzo di ricerca- ha dichiarato Garofalo- scomparso Eduardo De Filippo, a Napoli, non c’è più riferimento culturale per cui si campa di equivoci ed approssimazioni. Il teatro a Napoli è rovinato, ed anche il regista che cerca di ricapitalizzare il passato è vittima della guerra dei poveri in atto nel mondo dello spettacolo che lo costringe a riproporre le solite pappe riscaldate”. Ottimista, è invece Nello Mascia che già investito del ruolo di interprete nel celebre lavoro, così lo definisce. “Miseria e Nobiltà - ha detto - è una delle più belle farse che siano state mai scritte ma, dal versante della commedia può essere considerata un grande classico”. “Interpretata dal punto di vista ideologico - ha continuato Mascia- il testo di Scarpetta mette a confronto le classi sociali come la nobiltà e la borghesia arrogante che si scontrano con gli ideali poetici ed intellettuali, mentre, dal punto di vista psicologico è una mirabile commedia sull’identità smarrita che propone, infatti, una serie di personaggi scalcinati costretti a rappresentare un ruolo che non è il loro fino ad arrivare alla cosiddetta “Sindrome di Saturno” simboleggiata dal caso di Felice Sciosciammocca che apprende erroneamente di non essere il vero padre di suo figlio, e che pone l’uomo dinnanzi allo smarrimento totale.”Sempre al proposito e parlando del caso “Miseria e Nobiltà” con un attore di tradizione come Enzo Cannavale, lo stesso così afferma: “Oggi, la gente vuole ridere! I testi di Scarpetta, anche se conosciuti a memoria hanno il grande potere di richiamare il pubblico. Sta alla bravura degli attori ed alla loro capacità di aggiungere un quota all’opera e far rivivere nel tempo un teatro senza età”.
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