di Giuseppe Giorgio- Che fine hanno
fatto i padri? In quali mari lontani e tempestosi continuano navigare? Un interrogativo sempre più attuale
per una mancanza più che mai inquietante che rimandando al tema della
difficoltà dei padri nel sostenere il proprio ruolo ed al conflitto
generazionale che ne scaturisce, dopo l’editoria ed il cinema, trova ulteriore riscontro
nell’opera di Gabriele Russo, “Odissè- In assenza del padre”. Ed è proprio per
approfondire questo atavico bisogno di riferimento e per interpretare la
difficile questione, che il giovane autore e regista, Russo, nel suo lavoro, in
scena al Teatro Bellini, evoca, come in una sorta di moderna seduta medianica,
l’omerica figura di Telemaco contrapponendola con forte contrasto a quella di
Edipo. In sintesi, nella sua messinscena, dove la metafisica è intesa come
quella parte della filosofia capace di andare al di là degli
elementi contingenti dell'esperienza sensibile per occuparsi degli aspetti più autentici della realtà, Russo, se da un
lato sembra esaminare il conflitto edipico tracciato da Freud, imperniato sul
conflitto generazionale tra padri e figli, da un’altra evidenzia quello che è
stato pure chiamato conflitto di Telemaco relativo all’attesa dei figli nei
riguardi dei padri. Così, ponendosi dinanzi agli spettatori (coinvolti sulla
tumultuosa scena di un teatro trasformato in un’arena, dove le poltrone della
platea fanno posto alla terra scura ed all’impeto dell’acqua) la difficile
domanda: “perché l'essere piuttosto che il nulla?” Russo, lo stesso che ha pure
diretto il suo testo con la collaborazione di Marco Manchisi, tra chi domina e
chi soccombe, tra prese di coscienza e crolli di potere, fa del mito greco di
Ulisse e di suo figlio Telemaco lo spunto per un’Odissea da terzo millennio.
Con il temerario e coinvolgente allestimento scenico di Francesco Esposito, i
costumi di Chiara Aversano, il disegno luci di Salvatore Palladino ed i movimenti
coreografici di Eugenio Dura, il destabilizzante lavoro che vede in scena,
oltre a Pippo Cangiano gli altri attori:
Diletta Acquaviva, Claudio
Javier Benegas, Viviana Cangiano, Roberto Capasso, Marco Mario De Notaris,
Adriano Falivene, Annarita Ferraro, Stefano Ferraro, Giuseppe Fiscariello,
Martina Galletta, Serena Mattace, Marco Palvetti, Elena Pasqualoni, Danilo
Rovani, Lorenza Sorino e Luca Varone, conduce tutti in uno spazio senza tempo.
Utilizzando la storia del re di Itaca e del suo primogenito, il cui stesso nome
significa ( con riferimento al padre) “che combatte lontano” il lavoro di
Gabriele Russo - come lui stesso afferma nelle note- “diventa così la metafora di una
generazione, quella contemporanea, priva di punti di riferimento e di padri,
come di maestri”. Sfiorando,
semplicemente, i personaggi dell’Odissea e lasciandoli parlare anche in
napoletano, tutta la moderna opera di Russo, nonostante i continui riferimenti
all’avventura omerica, non si trasforma mai nella rappresentazione della
stessa. In conclusione, in “Odissè”, dove tutti sembrano correre senza neppure
sapere il motivo ed luogo da
raggiungere, sarà la stessa regina e madre Penelope, trasformata in una donna qualunque tradita che
si rivolge al figlio parlandogli del
padre come di un eroe, a formulare l’interrogativo cardine su cui si basa tutto
il lavoro: Ma il padre di Telemaco, era davvero un eroe? E soprattutto, sono
eroi i padri dell’attuale generazione? Al Bellini, tra astrattismo teatrale,
espressioni da Nuova Drammaturgia, momenti trascendentali e piani concettuali,
si replica fino a domenica 11 novembre.
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