Angela Di Maso |
di Giuseppe Giorgio
NAPOLI - Aria medioevale e peccati monastici in confessionale nell’Ateneo Federiciano, dove, l’autrice, attrice e drammaturga Angela Di Maso, ha dato vita insieme con Giuseppe Ariano ad una coinvolgente lettura scenica di “Ecce virgo- Storia di una monaca di clausura”, la sua intrigante drammaturgia inserita nel libro edito dalla Esi, “Il lato oscuro del teatro” curato dalla professoressa di letteratura italiana all’Università di Napoli Federico II, Giuseppina Scognamiglio. Ambientata sul finire del 1300 e capace, sull’onda di un linguaggio anticamente astuto e ricco di metafore, di scandagliare le vacillanti regole della clausura dinanzi ai desideri della carne, la storia della Di Maso, pronta per essere rappresentata in teatro, prendendo come pretesto la peccaminosa confessione di una giovane clarissa della basilica di San Rufino al cospetto di un frate minore anch’egli vittima delle sue stesse pulsioni carnali, conduce tutti in un mondo dove i corpi dei protagonisti, involontari martiri dei lori più repressi istinti erotici, diventano povera carne da crocifissione. Lontana dalle “Pentite” di Libero Bovio ed ancor più distante da quella scalza “Zi Munacella” di Salvatore Di Giacomo ma ben vicina all’ideologia di quella “Monaca fauza” chiamata Sora Fesina del Settecentesco notaio e librettista Pietro Trinchera ed alle azioni della celebre Suor Virginia Maria di Monza, divenuta Suor Gertrude per mano del buon Manzoni, la giovane e vogliosa clarissa di “Ecce Virgo” ovvero sia “Ecco la vergine”, sviluppa nell’animo degli spettatori una sorta di suspense da noir pur lasciando spazio, tra colpi di scena, tentazioni e giochi psicologici, ad una lunga serie di riflessioni fino all’inaspettato e molto poco “canonico” finale. Capace di lasciare aperta la via per le più svariate interpretazioni, la scrittura teatrale dell’apprezzata autrice napoletana che ha sperimentato in prima persona, l’ebbrezza della vita di clausura durante un lungo periodo vissuto in ritiro tra quegli stessi luoghi che furono di San Francesco e Santa Chiara, sembra, attraverso le parole della giovane Suor Angelica, dare vita ad una vicenda carica di compassione e forza espressiva in grado di procurare emozioni psicologiche e sensoriali. Per effetto di un singolare andamento drammaturgico, grazie al quale fin dall’inizio si avverte l’esistenza di terribili segreti, gli stessi che il pubblico condivide con i due protagonisti e che si svelano solo a poco a poco illuminando le oscurità di esistenze dalle inconfessabili voglie e verità, la lettura di “Ecce Virgo”, struggente e delirante, conquista e travolge la mente di chi, osservando il calvario ed il sacrificio di esseri spaccati a metà tra corpo e anima, percepisce l’irrefrenabilità della mente umana.
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