giovedì 10 gennaio 2013

Suggestioni e drammi quotidiani al Piccolo Bellini con Uscita di Emergenza


Carico di suggestioni, “Uscita di emergenza”, il capolavoro drammaturgico di Manlio Santanelli, al Piccolo Bellini, nelle mani del regista Pierpaolo Sepe ed in quelle dei due esaltanti interpreti Rino Di Martino ed Ernesto Mahieux, mette subito in risalto le sue caratteristiche ricche di sfumature umane. Puntando sulle prerogative di un testo decisamente impegnativo che usa la leggerezza in quanto sinonimo di perfezione, al suo debutto, per l’inaugurazione della stagione della rinnovata Sala bis del Bellini, lo spettacolo dimostra, senza mezze misure, una surreale fattezza puntando deciso su di un’ironia dai tratti amari e spesso clowneschi.  Portando in scena il dramma quotidiano dei due protagonisti Cirillo e Pacebbene, gli stessi che trovano rispettivamente in Mahieux e Di Martino due attori davvero su misura per qualità, passionalità e coinvolgimento recitativo, “Uscita d'emergenza”, una delle più celebri commedie di Santanelli, evoca le vicende umane di due esseri alla deriva, che decidono di isolarsi, in un palazzo pericolante di un quartiere abbandonato per effetto del bradisismo, pur rimanendo vittime di amori mancati, lavori lasciati a metà, menzogne, traumi interiori, paure ed offese. Riportando alla memoria, l’opera più rappresentativa di Samuel Beckett, lo scrittore irlandese simbolo del “teatro dell’assurdo”, il lavoro di uno dei capisaldi della nuova drammaturgia europea, lascia che i personaggi chiave Cirillo e Pecebbene accostandosi ai due protagonisti della celebre “Aspettando Godot”, Estragone e Vladimiro,  aspettino, senza essere certi né del giorno, né del luogo fissato, qualcosa che intervenga a sovvertite le sorti della loro amara esistenza.  Un testo, quello di Santanelli, saturo di compassione, di ricerca disperata d’identità perdute, di attese vane, che nell’evidenziare la fine della vita vissuta come grande favola, mette in luce tra verità disarmanti  e coscienze sofferenti, la necessità di una rasserenante ed insostituibile rassegnazione finale. Instabili, emarginati, con il peso di misteriosi passati ed inconsapevolmente innamorati fino a rasentare la latente omosessualità, Cirillo e Pacebbene, lottando, con la sola forza della memoria, contro un’umanità sofferente, provano a recuperare nella loro fatiscente stanza, eletta a volontaria prigione, un modo meno doloroso per sopportare il loro smarrimento quotidiano. Muovendosi nella solitudine di quello che potrebbe pure essere il Rione Terra di Pozzuoli, i protagonisti di “Uscita d’Emergenza”, rispettivamente ex sagrestano ed ex suggeritore, diventano il feroce ed esilarante esempio di due vite emarginate alla disperata ricerca di una  sublimazione spirituale capace di condurre alla salvezza. Nelle mani del regista Sepe, lo stesso che nel testo prova a leggere il grido di dolore di chi non riesce più ad amare la comunità e nulla gli riesce per combattere il degrado fino ad attendere inerme la fine, la geniale commedia di colui che meglio di tutti riesce ad illuminare le oscurità di esistenze allo sbando, sembra stagliarsi come una perla del teatro contemporaneo, offrendo ai due stessi protagonisti, la possibilità di plasmare le forme di uomini, stravaganti, buffi, misteriosi e vittime di antiche desolazioni. Incapaci di scappare da quella terribile trappola fatta di quattro pareti pericolanti che tuttavia sembra rappresentare il solo rifugio e motivo di essere, Cirillo e Pacebbene, nei corpi e nelle anime di Di Martino e Mahieux, tra schermaglie quotidiane, romantici e trascinanti flashback, identità nascoste, gatti randagi e momenti di irresistibile comicità intrisa di amarezza, provano a compiere la loro Via Crucis fatta di beffe e solitudine. E quando alla fine, i loro corpi, così come le loro interiori miserie, rimarranno schiacciati dall’inesorabile forza di un realtà immutabile, tutto sembrerà compiuto senza la possibilità di alcuna “Uscita d’emergenza”. Con le belle scene ed i costumi di Tonino Di Ronza ed il disegno luci di Salvatore Palladino, al Piccolo Bellini si replica fino a domenica.   
                                                                         Giuseppe Giorgio

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