giovedì 10 gennaio 2013

Esistenze alla deriva ed inconfessabili segreti per “Malanatura”

Maria Rosaria Virgili

di Giuseppe Giorgio
Squarciando le oscurità di esistenze alla deriva e dagli inconfessabili segreti, “Malanatura”, la breve opera teatrale scritta da Angelo Rojo Mirisciotti, vista nello storico “Palazzo de’ Liguoro” nel popolare quartiere Sanità, offre al regista ed interprete Giuseppe Cantore ed alle sue compagne di scena Maria Rosaria Virgili, Felicia Del Prete e Noemi Coppola,  la possibilità di tracciare le complesse forme di un uomo e tre donne (un affermato medico, una prostituta, una moglie ed una ragazza fantasma) vittime di antiche desolazioni e drammi interiori. Vissuta, tra abbandoni, silenzi, mancate denunce, violenze, stupri, sessualità confuse, desideri repressi e devianze criminali, la storia immaginata dal napoletano Mirisciotti, ricca di analisi umane e sociali, lascia emergere la lotta quotidiana di incontrollabili esseri alla deriva che cercano disperatamente  una sublimazione spirituale scavando con le unghie in una realtà infernale e sofferente. Tra corpi feriti e menti insane, tra disagi e passionalità, intrighi e sanguinanti misteri, il breve ma intenso lavoro, sfruttando sapientemente gli storici spazi a disposizione,  pone i protagonisti dinanzi al desiderio  di esprimere la più sfrenata verità interiore senza esclusione di colpi. Impegnate in un incessante crescendo che trova la massima espressività con l’avanzare della storia, la coinvolgente Virgili nel ruolo di una moglie devastata nella mente dal terribile e traumatizzante passato del marito e l’affabulante Del Prete nel ruolo di una teneramente filosofica consolatrice di uomini, infondono una violenta carica emotiva a tutta la vicenda fino a quando i colpi di scena e le soprannaturali apparizioni di una giovanissima  fanciulla, culmineranno nella drammaticità di un epilogo inaspettato ed altrettanto destabilizzante. Divisi tra immaginazione, realtà, crudeltà e follia, i personaggi di “Malanatura” tracciano con precisione le linee di un mondo dove il bene deve necessariamente soccombere dinanzi al male. Perduti e confusi quelli dell’avvincente atto unico sono degli esseri vuoti, privi d’identità, ora vittime traumatizzate, inconsapevoli e senza voce, ora  vendicativi e senz’anima. Per il pubblico, tutta la forza di una buona sinergia tra autore, regia ed attori in scena, le gesta  di un teatro che grida la sua protesta contro la degenerazione umana e la piacevole ed intrigante novità a proposito del luogo scelto per l’allestimento. 

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