Maria Rosaria Virgili |
di
Giuseppe Giorgio
Squarciando le
oscurità di esistenze alla deriva e dagli inconfessabili segreti, “Malanatura”,
la breve opera teatrale scritta da Angelo Rojo Mirisciotti, vista nello storico
“Palazzo de’ Liguoro” nel popolare quartiere Sanità, offre al regista ed
interprete Giuseppe Cantore ed alle sue compagne di scena Maria Rosaria
Virgili, Felicia Del Prete e Noemi Coppola,
la possibilità di tracciare le complesse forme di un uomo e tre donne (un
affermato medico, una prostituta, una moglie ed una ragazza fantasma) vittime
di antiche desolazioni e drammi interiori. Vissuta, tra abbandoni, silenzi,
mancate denunce, violenze, stupri, sessualità confuse, desideri repressi e
devianze criminali, la storia immaginata dal napoletano Mirisciotti, ricca di
analisi umane e sociali, lascia emergere la lotta quotidiana di incontrollabili
esseri alla deriva che cercano disperatamente
una sublimazione spirituale scavando con le unghie in una realtà
infernale e sofferente. Tra corpi feriti e menti insane, tra disagi e
passionalità, intrighi e sanguinanti misteri, il breve ma intenso lavoro,
sfruttando sapientemente gli storici spazi a disposizione, pone i protagonisti dinanzi al desiderio di esprimere la più sfrenata verità interiore
senza esclusione di colpi. Impegnate in un incessante crescendo che trova la
massima espressività con l’avanzare della storia, la coinvolgente Virgili nel
ruolo di una moglie devastata nella mente dal terribile e traumatizzante
passato del marito e l’affabulante Del Prete nel ruolo di una teneramente
filosofica consolatrice di uomini, infondono una violenta carica emotiva a
tutta la vicenda fino a quando i colpi di scena e le soprannaturali apparizioni
di una giovanissima fanciulla,
culmineranno nella drammaticità di un epilogo inaspettato ed altrettanto
destabilizzante. Divisi tra immaginazione, realtà, crudeltà e follia, i
personaggi di “Malanatura” tracciano con precisione le linee di un mondo dove
il bene deve necessariamente soccombere dinanzi al male. Perduti e confusi quelli
dell’avvincente atto unico sono degli esseri vuoti, privi d’identità, ora
vittime traumatizzate, inconsapevoli e senza voce, ora vendicativi e senz’anima. Per il pubblico, tutta la forza di una buona sinergia tra autore, regia
ed attori in scena, le gesta di un
teatro che grida la sua protesta contro la degenerazione umana e la piacevole
ed intrigante novità a proposito del luogo scelto per l’allestimento.
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