giovedì 10 gennaio 2013

Dal Piccolo Bellini al Teatro Area Nord con Carmine Borrino e "Core Spezzato" la sceneggiata diventa moderna


                                                                   
di Giuseppe Giorgio 
Meglio di tutti a descrivere la sceneggiata, fu Raffaele Viviani. Chiamandola “puttana dell’arte”, il commediografo sintetizzò in una sola parola i suoi contenuti tra cui: il comico, il drammatico, il recitato, il cantato, il sacro, il profano, l’erotico sentimentale ed il patetico familiare. Una canzone sulla sceneggiata composta da Nello De Lutio e Alfredo Mazzocchi, pubblicata dall’edizioni Mario nel 1931, così iniziava: “St’ammore è ‘na canzone sceneggiata: ce sta ‘a parte recitata, ce sta ‘a parte pe’ cantà. E specialmente nella terza parte ce sta ‘o dramma, e ce vo ll’arte p’’o putè rappresentà”. Parole sacrosante queste, che per uno di quei figli carnali di una Napoli drammaturgicamente moderna come Carmine Borrino, alle prese con il suo pluri-premiato “Core Spezzato” presentato al Piccolo Bellini, si identificano con la voglia di restituire alla città una parte della sua più verace identità. Partendo dallo spunto offerto dall’omonimo brano cantato da Mirna Doris e Tony Astarita al Festival di Napoli del 1968 e ribadendo l’antico concetto che vuole la sceneggiata imperniata su di una canzone di successo, Borrino, ora tagliente e accattivante, ora umoristico e trascinatore, compie una missione capace di aprire una nuova era per l’esaltante e discusso genere. Rimodernando la sceneggiata a modo suo ed evidenziandone tutta la forza espressiva, al Piccolo Bellini, Borrino  rispolvera, tra l’altro, uno strumento di comunicazione popolare capace ancora oggi, opportunamente modificato, di lanciare messaggi e stimolare riflessioni. E così col tormentone derivato dall’esclamazione “ma che è ’na sceneggiata?” Borrino conferma, in meno di un’ora di godibilissimo spettacolo, il vero aspetto antropologico e sociale della sceneggiata. Dopo aver spopolato al Premio Annibale Ruccello del Positano Festival di Teatro Contemporaneo, il melologo contemporaneo scritto, diretto ed interpretato da Carmine Borrino, unendo melodia e parole, convince soprattutto per il singolare andamento, magnificamente diviso tra la satira sociale ed il dramma. Proponendo la vera napoletanità del presente sull’onda di un prototipo di sceneggiata moderna ma dal cuore antico, Borrino  sostituisce i canonici tipi di “Isso essa e ‘o malamente” con una donna dell’est di nome Mira ( Melania Esposito) con un certo Massimo (Borrino) esempio rampante della civiltà dei neomelodici e con una giovanissima parrucchiera di nome Veronica (Sara Saccone). Giunta in Italia dopo essersi innamorata di Massimo che l’ha conosciuta durante uno di quei viaggi da turismo sessuale e rimasta incinta, la povera Mira deve vedersela con la conturbante Veronica, la quale, dopo aver indotto il suo presunto innamorato a tradirla lo porta persino all’altare. Ebbene, agendo sullo sviluppo di questa storia, ovvero, sul dramma scaturito dall’amore tradito e dall’emarginazione di un’ucraina ingannata, sedotta e  sradicata dalle sue origini da un poco di buono, Borrino puntando su di un epilogo che nel rispetto della sceneggiata si tinge di sangue, racconta, a modo suo, il grande dramma di vite  travagliate ed i comportamenti umani modellati da una società fagocitata dal consumismo e dai media. Con Melania Esposito che nei panni dell’ucraina Mira dimostra, dopo tanta gavetta, di aver raggiunto la maturità artistica offrendo una prova oltre che credibile ricca di passionali ed introspettivi risvolti umani, con Sara Saccone, spregiudicata e convincente nel disinibito e tagliente ruolo della giovane Veronica ed infine, con Carmine Borrino, che dopo aver scritto e diretto un lavoro dai grandi contenuti sociologici  e psicologici, offre una trascinante prova recitativa evocando uno stile vicino a quegli stilemi tipici di una drammaturgia di stampo contemporaneo, “Core Spezzato” piace, diverte e sorprende.  E quando le parole della canzone guida, cantate lievemente dalla stessa Esposito: “Povero come mio core spezzato ca t’ha  vuluto bene e tu ‘e tradute”, portano al massimo il livello emozionale del pubblico, risulta ancora più evidente il valore di una piccola ma grande opera teatrale ricca di analisi e sentimenti.    

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