mercoledì 26 giugno 2013

"L'anima buona di Lucignolo". Per il Fringe Festival da Collodi a Saccoia nel ventre scuro di un circo in rovina

Luca Saccoia
di Giuseppe Giorgio
NAPOLI- Come il capocomico d’una antica carretta di comici in cerca di mecenati e successi, il regista ed attore Luca Saccoia è da oltre un anno e mezzo che lavora, suda, crea, interpreta e impartisce istruzioni di regia per la sua deliziosa ed introspettiva “operetta dark”, “L’anima buona di Lucignolo”, ovvero, lo spettacolo che dopo aver vinto il bando di concorso verso il Fringe 2013 e dopo aver ottenuto il contributo produttivo per il debutto in prima assoluta, con i buoni auspici del direttore Giulio Baffi, al “Festival Benevento Città Spettacolo” per il 2012, è giunto al Teatro Sannazaro per la nuova edizione dell’ E/45 Fringe Festival.  E’ cosi, portandosi sulle spalle il peso d’un teatro fatto soprattutto di sacrifici e sogni da realizzare, l’artista Saccoia, calandosi nei panni di un vecchio malconcio direttore di un circo morente, regala al pubblico con l’apporto di Enzo Attanasio nel ruolo di uno stravagante “omino di burro” e Mario Zinno alle prese con un controverso “Lucignolo”, la sua delirante visione del collodiano mondo di Pinocchio e di tutti quei personaggi ad esso collegati. Immaginandosi nel ventre scuro di un circo in rovina, “tra un binario morto e una discarica di gabbiani monchi” e narrando in musica come un cantore senza tempo la  fantomatica storia dei ciuchini volanti insieme a quella di un  Pinocchio ed un Lucignolo, fratelli di sangue e rivali in amore, l’interprete Saccoia ed il suo alter ego scenico, lottano con l’infausta incombenza di quello stesso demone che semina discordie e morte. Lasciando il celebre burattino sullo sfondo, consentendo ai personaggi secondari  della sua celebre storia di innalzarsi al ruolo di protagonisti e rischiarando flebilmente il tutto con il filamento incandescente di lampadine al tungsteno testimoni di antiche vestigia, “L’anima Buona di Lucignolo” partendo dalla drammaturgia di Claudio B. Lauri, mescola odio e amore, passione ed inganno nel nome di insanabili rancori. Sui resti di un circo in sfacelo, antico scenario metafisico di personaggi in lotta l’uno con l’altro, animati da segreti, malvagità e sofferenze, dalla singolare storia, ad emergere è la forza di una realtà che sia pure in contrasto con gli stilemi di Carlo Lorenzini al secolo Collodi,  propone al pubblico  sulle musiche originali di Luca Toller e le parti canore divise tra il Jazz ed il melodramma, uno spettacolo capace di trasformarsi in una sorta di lettura psicoanalitica di una mancata iniziazione adolescenziale sulla cornice di un mondo saturo di superbia ed arroganza. Quella che Saccoia dirige ed interpreta, offrendo insieme ai suoi compagni di scena una prova decisamente apprezzabile per stile e contenuti, è una storia nuova che abbracciando a tratti il movimento gotico s’insinua decisa nella mente dello spettatore. Ricco di suggestioni e sfumature umane ed ancora, animato da una sottile ed amara ironia, il lavoro sembra trasformarsi nello schema d’una tragedia sospesa sull’antico contrasto tra la purezza e la corruzione, l’ umanità e l’ egoismo, la vita e la morte. Come in un crudele martirio, i sofferenti personaggi di “L’anima buona di Lucignolo” danno vita ad una vicenda satirica, struggente e surreale che travolge la mente di chi, osserva il calvario di esseri senza pace.  In un clima ora evocativo ed angosciante ora grondante di  flash back di antiche memorie, ora colorito da lampi di sfuggevole ironia, ora funestato da fallimenti interiori, gli artefici della moderna operetta firmata Saccoia sembrano riflettersi nelle schegge di uno specchio rotto dal destino materializzando il crudele conflitto di esistenze portate ai margini da una collettività cieca ed ottusa. Tant’ è che proiettate in un quadro di vita drammatico e beffardo, le emarginate creature vissute all’ombra di un evanescente Pinocchio cercano di raggiungere una sublimazione interiore pur rimanendo esseri fragili ed incompresi desolatamente esclusi da una società allo sfascio. 

Articolo pubblicato sul quotidiano Roma del 26 giugno 2013

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